Dietro di me si smontano i confessionali di programmi televisivi ma io ho ancora le mie confessioni da fare. Ci sono guerre che coinvolgono milioni di persone e recentemente una nuova invasione è in corso, provocando profughi dall'Ucraina e, per motivi diversi, anche dalla Russia. La comunicazione non è la via che si sta percorrendo, né quella classica della politica né viene favorita quella digitale attraverso rete. Nel mio consolatorio gioco di salto di specie allora vorrei essere un piccione. Gli eserciti hanno dipartimenti di veterinaria nel loro comando logistico e, ad esempio, durante la prima guerra mondiale, facevano uso dei piccioni per comunicazioni importanti. E' passata alla storia Cher Ami, la picciona che salvo 200 vite riuscendo a portare un messaggio importante. Il suo corpo imbalsamato è attualmente conservato ed esposto nel National Museum of American History. Altri migliaia se ne trovano alla mostra di Cattelan, Breath Ghost Blind (2), dove sono testimoni indiscreti e silenziosi del nostro tempo tragico, dall’alto osservano il nostro cammino verso la disgrazia. Dunque anche in questo caso potrei benissimo essere un piccione, aggregarmi e partire a fotografare visi disperati in cerca di salvezza, in nome, in fondo come fanno i grandi artisti, della libertà di espressione. Come Cattelan ha potuto far impagliare dei piccioni, perché io non posso, con la stessa scusa, sperare di fare la foto dell’anno? Sono amareggiata e mi si storce il naso. Ho capito, è una questione di altezze… forse devo scendere da lassù in alto, smettere di guardare dall’ALTO. Abbassarmi nel volo e mettermi alla stessa altezza dell’uomo, come in quella pacifica e poetica foto di Berengo Gardin (3); abbandonare la mia posizione privilegiata e portare la mia più personale umanità, trasformandomi in un’altra specie, in un’altra persona, in un’altro animale con il semplice intento di immedesimarmi per quanto mi è possibile. Poi, (magari!) immedesimandosi, inizierò la metamorfosi e gradualmente, inizieranno a spuntare le piume bianche delle colombe, mentre qua, confessandomi, mi consolo con la frase del un maestro russo Dostoyesky: “l’arte salverò il mondo”. #photography #saltodispecie #perfromance #stopwar #berengogardin #piccione #colomba
C’è stato un tempo in cui la specie dell’uomo doveva convivere con la paura costante di essere predato. Poi, con l'uso della tecnologia e superando di gran lunga i propri bisogni alimentari, è di fatto diventato diventato l’unico predatore della catena alimentare, scombussolando l'equilibrio della natura. Tuttavia oggi, semplificando, se fossimo onesti dovremmo ammettere che un po’ di paura nell’essere predati, forse da qualcosa che non vediamo ma che esiste, ci è tornata eccome. Non sappiamo come mantenere il primato e pare che questo sia l’unico nostro obiettivo di sopravvivenza, tanto da metterci gli uni contro gli altri. Qualche studioso ce lo sconsiglierebbe, dal momento che una delle qualità che ci ha permesso di convivere è la nostra capacità cognitiva, ovvero la capacità di nominare e raccontare l'invisibile. Sulla scia di queste riflessioni, mi compare il T.rex: come l'uomo ai suoi tempi, unico predatore, da adulto pare fosse davvero temibile, all’apice della catena alimentare. Il mio amico naturalista @paodepi mi spiega che le sue braccia erano molto tozze e corte (uuuh, davvero proprio come noi, penso io, a furia di stare al computer) e riusciva a stare in posizione semi eretta, avendo un’inclinazione in avanti. Una cosa che il T. rex non mangiava erano le persone. La gente non apparve sulla Terra fino a oltre 60 milioni di anni dopo, troppo tardi per chiunque abbia mai avuto paura di essere cacciato da un T.rex. Le conclusioni possono essere diverse: la prima è che ogni predatore ad un certo punto si sostituisce al precedente. Oppure, considerando che nuovi studi recenti smitizzano il T.rex (pare non potesse davvero correre come ce l’ha sempre narrato il manuale della scuola o Jurassic Park), in realtà ogni specie deve trovare la sopravvivenza convivendo con altri predatori. Che sia una o l'altra ipotesi, una cosa è certa: la capacità cognitiva sarebbe da non perdere per la nostra convivenza. Io momentaneamente ho deciso di usarla per provare a convivere con un T.rex (vedo già che ha più paura lui, da come si nasconde), che una pausa dall'Homo sapiens oggi me la voglio prendere
Siamo animali. Con la pandemia lo percepisco come mai. Tuttavia non mi sento particolarmente fiera di appartenere alla specie umana e dunque mi trasformo. Continuo la mia vita cittadina, che mi sta quotidianamente più stretta, con la metamorfosi nelle specie con cui viviamo su questo pianeta.
o che con questi occhi a palla assomiglio ad una strafatta ma non sto imitando in nessun modo l’essere umano. Assomiglio piuttosto ad una scimmia, benché tantissimo tempo fa ho imitato i pesci, usando i tronchi degli alberi per spostarmi dalla terraferma all’isola in mezzo al mare che ora è la mia casa, l’Australia. Poi so anche imitare gli uccelli perchè i miei nidi li costruisco sugli alberi. Non so poi da chi ho imparato a strutturare il mio sistema sociale matriarcale, probabilmente non dagli uomini. E’ abbastanza stramba la spiegazione che propongono gli zoologi con cui spiegano questo nostro sistema, la chiamano “la teoria della conservazione energetica”: i maschi lasciano il comando a noi femmine per evitare sfiancanti competizioni durante il brevissimo estro femminile. Questa spiegazione nasconde qualcosa su cui mi sa andrò a riflettere. Non sarebbe male facesse riflettere anche loro stessi, che l’hanno pure ideata
San Valentino ricevo dei fiori e li metto subito nel vaso. Poi mi intrufolo tra le gambe di lui e, come una gattina, chiedo coccole tirando su il sedere per prendermi due grattini. Il mio amico naturalista @paodepi ride e mi ricorda che anche i “gattoni”, ovvero i grandi felini, come i leopardi o le tigri, si danno affetto, soprattutto nel periodo del calore della femmina e ruggiscono per segnare il territorio. Mi torna allora in mente l’ancora aperta riflessione avviata da Hobbes e Rousseau se l’aggressività sia innata per sopravvivenza e sopraffazione o reattiva, come un riflesso di mancanza d’amore o di un’incapacità d’amare. Non posso non chiedermi: allora il reciproco incastrarsi ed avvinghiarsi al corpo all altro, prima di un contatto é forse piuttosto una PRESA? Pensandoci bene concludo che la vulnerabilità fa paura a tutti, ad ogni specie su questa terra. Buon san Valentino a tutti, con l’augurio che l’amore sia un percorso per riconoscere la paura e una creazione per incontrare e trascendere la nostra natura.
Se cerco su internet “mamma marsupio” vengono fuori delle donne con quegli zainetti chiamati marsupi dentro i quali tengono i loro bambini. Ovviamente per ottenere come risultato la mamma canguro è necessario inserire la parola canguro: “mamma marsupio canguro”. L’animale uomo ha la precedenza, benché credo sia nata decisamente prima la tasca marsupiale rispetto all’oggetto commerciale. Un salto di specie a favore delle funzioni umane. Detto questo, se provo ad immedesimarmi in una piccola bimba, vorrei, 1000 a zero, essere portata a marsupio piuttosto che in carrozzina per infiniti motivi, in primis il contatto. “Eppure - dice il mio amico naturalista @paodepi - le femmine dei marsupiali pare siano le peggior madri dell’universo , perché in presenza del predatore, se dovessero perdere il piccolo dal marsupio, lo lascerebbero come preda: comunque un comportamento vincente a livello evolutivo”. Io, nella mia immedesimazione, approfitto della mia primazia e, nel mio salto di specie, sostituisco alla mamma canguro una bella amaca: mi sento un pelo più serena, che qua in giro di predatori è pieno.
- Il collo lungo delle giraffe, mi spiega il mio amico naturalista @paodepi, é un adattamento che ha permesso di sfruttare loro una nicchia trofica preclusa agli altri erbivori africani.. Anche io, sopratutto in questi mesi invernali di pandemia, chiusa in casa, ho la mia nnicchia di sopravvivenza, le mie piante, uno dei pochi elementi a rendere il mio habitat favorevole. Con skeflera, la più alta, devo per forza allungare il collo per dare un'occhiatina anche su in cima.
hissà se anche in Lapponia si sono scambiati i regali grazie ad Amazon. A quanto mi dice il mio amico naturalista @paodepi comunque solamente in Lapponia le renne resistono assolvendo la loro antica funzione di trasporto delle merci, trainando le tradizionali slitte chiamate pulk. Gli unici pulk che vedo in giro qua da noi sono di metallo e hanno 4 ruote e mai come oggi, sotto pandemia, l'acquisto online ci ha permesso di non tradire il famoso motto: che Natale è senza regali? Giuro che il mio portinaio ha passato le mattine di dicembre a smistare pacchi di Amazon ai condomini e la zona pattumiera é stata invasa da cartoni dal marchio riconoscibile. Allora un nuovo motto si é intrufulato nella mia testa: ma che Natale é senza renne?
Mi sento come F9, la lupa solitaria della Valle Gesso che si allontana dal branco alla ricerca di un territorio proprio. Questo comportamento viene chiamato 'di dispersione'. Evado (illegalmente?) un attimo dalla zona gialla, dalla rossa e dall’arancione e mi infilo nella zona blu, quella della notte, quando vado a caccia. La mia è una caccia alla libertà. La sfida è sempre la stessa: la convivenza con gli uomini. Spero che non mi trovino i bracconieri e me ne sto vicina vicina ai cartelli dei divieti di caccia sperando volgano a mio favore. Le parole del mio amico naturalista @paodepi non mi rassicurano: “il lupo non attacca l’uomo!”; mi fa piuttosto propendere a pensare che sia allora dell’uomo che devo avere paura. Sono specie protetta e spero solo, eventualmente, di beccarmi qualche multa ma nessuna pallottola in testa per essermi allontanata dal branco ed aver fiutato un po’ di respiro.
Stamattina vado a trovare i pescatori che mi mostrano il bottino della loro pesca notturna. Mi consigliano di acquistare il pesce serra, un pesce povero. “Perché è un pesce povero?” chiedo. Quelli vanno avanti a spiegarmi che mi conviene, perché costa poco ed è molto pieno di sostanze nutritive. Beh mica male, penso io. “Poi questo lo peschiamo solo noi piccoli pescatori, che possiamo usare la traina o altre tecniche di pesca senza reti a branco, ha infatti dei denti affilatissimi e se dovesse entrare nelle reti a strascico le squarcerebbe”. Resta comunque aperta la questione su come mai si chiami pesce povero. Torno a casa e cerco. Mi accorgo che anche i pesci sono stati sottoposti alle nostre categorizzazioni, che sembrano sempre seguire la logica del guadagno, della spesa, dell’inquinamento e della massa. Scopro che il nostro Pomatomus saltatrix sarebbe povero perché è ecosostenibile, in quanto il livello tecnologico per catturarlo è basso, basso è il consumo di combustibile, basso il livello di contaminazione ed inquinamento, gli strumenti di pesca per acciuffarlo sono selettivi ed essenziali e ha un alto valore nutrizionale. Il pesce serra è ecosostenibile, a basso impatto ambientale e per questo è povero. Faccio davvero fatica a capire. Di nuovo mi sento un pesce fuor d’acqua nella specie umana e me ne vado a riflettere su quanto io mi senta al rovescio.
Ancora come sempre, in alcuni luoghi (molti ), in determinate situazioni (impensabili), di fronte a determinati personaggi (stronzi), o sei santa e madre o sei puttana. Mi dispiace per la poca fantasia di costoro che rimangono ancorati ad un dualismo tradizionalista e poco ne sanno delle potenzialità delle personalità di noi animali. La Mantide sarà il nostro animale guida per quest’anno. Dal greco mántis, che significa “veggente, profeta”, lei, con quel particolare atteggiamento del corpo e delle zampe, sembra pregare. Ha molta fama la Mantide, quasi chiunque sa che dopo essersi accoppiata, o anche durante l'atto, divora il maschio partendo dalla testa (anche lei in parte vittima di stereotipo in quanto non sempre e non tutte lo specie lo fanno, mi ricorda il mio amico naturalista @paodepi ) Mi faccio Mantide e cerco una cappelletta santa perché devo pregare e affinché questa orazione si esplichi in tutta la sua complessità ne cerco una dedicata a Maria Vergine. E li avviene il miracolo: non arriva nessun uomo che nella notte mi manda via, non arriva nessuno a disturbare la nostra rivoluzione se non un tipo che ci punta i fari e se ne va pensando a che coppia assurda ha appena visto. Ci proteggiamo a vicenda nella notte. Io profetessa, lei madre vergine, ci unisce l’esperienza di un amore disinteressato. Allora nella notte, serena, in compagnia di quella Maria che sempre mi hanno imposto come mia antitesi e nemica, iniziamo entrambe a canticchiare una canzone. E io sento che questa volta Loredana Bertè, non posso che esserne certa, parla anche di me, proprio di me, la magnifica Mantide Religiosa. “Sono il padre delle mie carezze e la madre delle mie esperienze sono figlia di una certa fama (…) Ho fatto invidia e pena, ho fatto tutto da sola lo senti il graffio lungo la tua schiena? Era per dirti che ci sono ancora (…) Chi mi odia, mi ama. Con gli occhi aperti dentro la notte, fare l ‘amore è come fare a botte, il capo branco tra queste iene, ti ho fatto male però per il tuo bene! Sono schiava e sovrana Un animale non mangia, un animale sbrana(...)
Innanzitutto sono un coniglio e non una lepre, perché salto e non corro e poi ho le orecchie più corte. Meno male che c’è il mio amico naturalista @paodepi che mi ha fatto capire chi sono, ha poi aggiunto che il salto è semplicemente il mio modo di camminare. Com’è vero! Infatti salto sempre, saltello di continuo e Dio solo sa come salterei fuori da quella finestra e giù per le strade e nei prati e sulle colline a salutare la primavera e godermi la luce… Ehi, ho citato Dio solo come espressione gergale, perché con Dio e il cristianesimo avevo ben poco a che fare: come molti simboli sono precristiani sono legato alla primavera ed alla rinascita, poi questo ha coinciso con la Pasqua e bon, sono diventato il coniglietto pasquale. Per non dire cosa ha fatto di me PlayBoy. Se sono spaventata dalla pandemia? Eccome! Pensate solo che sono l’animale totem della paura, sono estremamente pauroso e guardingo, tendo a nascondermi e non farmi trovare da volpi, aquile e lupi, serpenti e mustelidi faccio buchi nel terreno e mi ci nascondo. Ma rimango pur sempre un coniglio e non una lepre, loro si che sono solitarie, io invece vivo in gruppo e voglio saltare fuori da questa tana e farmi prendere in braccio: vi accorgereste di come pulsa veloce il mio cuore.
Milano é infuocata. Non abbiamo l'aria condizionata e il frigorifero offre istanti di sollievo. Il salto di specie ora lo vivo in solidarietà con i Koala, a rischio estinzione a causa dei ripetuti incendi.
Se mi baci non divento principe e nemmeno principessa, benché sia circondata da torri, re, regine e cavalli. Piuttosto ho scoperto, causa la distruzione del loro habitat, anche alcune specie di rane sono a rischio estinzione.
Quando sono in vacanza mi immergo nella natura e spesso, quando arriva lo stimolo, la posizione in cui mi metto mi ricorda quella dei cani. Forse perché, ora che ci penso, sono gli unici animali che vedo mentre fanno la cacca, assieme ai gatti. Tra l’altro nell’osservarli sicuramente tutti noi abbiamo notato come, dopo aver trovato la posizione giusta, spesso il cane ci guarda, a volte fissandoci in un modo quasi inquietante. Il mio amico naturalista @paodepi mi ricorda che “fare la cacca è una delle volte nella vita in cui un animale si trova in uno stato di vulnerabilità e lo sguardo del cane verso il padrone perché è in cerca di protezione”. Ottimo, penso, allora per interpretare il cane forse dovrei guardare verso l’obiettivo della macchina fotografica, come fosse lei la mia padrona, che mi protegge dagli uomini della zona alla ricerca di ragazze scostumate. Ma ho preferito chiudere gli occhi: mi stavo vergognando di guardare. Ora la domanda viene spontanea: la vergogna fa dimenticare i propri istinti? Edith Jacopson,la psicoanalista statunitense di origini tedesche, disse che le reazioni di vergogna sono originariamente provocate quando uno perde il controllo istintuale, quando difetti fisici e frustrazioni sono esposti agli altri. Questo richiede che un bambino abbia raggiunto l’età nella quale diventa auto-cosciente nel senso di essere consapevole di se stesso come oggetto di osservazione degli altri e distinto dagli altri e gli altri iniziano a coincidere con le norme sociali. Ecco allora che la macchina fotografica mi insegna ancora una volta chi sono, lei è l’Altro e anche me stesso allo stesso tempo, fa da test dello specchio, è il mio Super io freudiano e mi fa chiudere gli occhi: vorrei essere un cane ma invece faccio ancora parte della specie umana.
Questa volta il salto di specie lo faccio in onore di una delle favole di Esopo, "La volpe e l'uva". L'augurio che faccio a tutti e a me stessa é quello di non rinunciare all'uva e continuare a inseguire i desideri.
Sono ormai mesi che di lavoro quasi non se ne parla. La trasformazione é quotidiana: pulizie e organizzazione dello spazio domestico e sogni selvaggi, di natura, di wildstyle come si dice. Se provo a tradurlo in un'immagine diventa divertente. Continuiamo a sognarci e sognare.